Intervista al Gruppo Multidisciplinare NET

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Martedì 26 marzo siamo andati a trovare il dott. Nicola Fazio e la dott.ssa Francesca Spada, rispettivamente Direttore e Medico della Divisione di Oncologia Medica Gastrointestinale e Tumori Neuroendocrini, chiamati più frequentemente NET, dell’Istituto Europeo di Oncologia ( IEO). Dopo aver partecipato alla riunione del Gruppo Multisciplinare NET ne è nata una conversazione illuminante su come sia cambiato l’approccio al tumore neuroendocrino e sui progressi realizzati finora nel contrastarlo.

QUALI PASSI AVANTI SONO STATI FATTI NELLA CURA AL TUMORE NEUROENDOCRINO?

Partiamo dal fatto che fino a 25 anni fa, oltre all’intervento chirurgico, esistevano in pratica due approcci terapeutici al tumore neuroendocrino: la chemioterapia nel caso di una tumore molto diffuso e/o a crescita molto rapida, e la terapia ormonale con gli analoghi della somatostatina, nel caso di un tumore più lento e/o meno avanzato.

Da allora i progressi sono stati importanti.

  • I casi diagnosticati di NET sono aumentati vertiginosamente nel tempo, o per maggiore consapevolezza da parte di patologi, radiologi, endoscopisti e clinici, o per reale maggiore incidenza del tumore o per entrambi.

  • In ogni caso, oggi ci si trova spesso di fronte a diagnosi di NET in fase molto precoce, localizzata e dunque operabile;

  • Il numero delle terapie disponibili è cresciuto.

  • Grazie alla ricerca e alle nuove opzioni terapeutiche, chi è colpito da un tumore neuroendocrino può convivere con la malattia in un modo quanto più possibile vicino alla vita normale.

 
 

QUANTO È IMPORTANTE IL CONTRIBUTO DELLE ASSOCIAZIONI?

Le Associazioni sono fondamentali per sensibilizzare l’opinione pubblica e diffondere la necessità dei bandi di Ricerca. Rappresentano anche il “carburante motivazionale” per proseguire la Ricerca stessa. Esperienze come quella con Cristiana Soccorsi sono una motivazione molto forte per medici e ricercatori. Nel caso di Cristiana, quando gradualmente è diventata consapevole della malattia e l’ha accettata, si è prodigata per diffondere e lasciare messaggi importantissimi per le altre persone che affrontano la malattia e per i medici stessi che le aiutano ad affrontarla.

Ad esempio l’importanza dell’intimità nel vissuto di una giovane donna colpita dal tumore è un qualcosa che può venire solo da chi vive in prima persona il problema. E’ un aspetto che difficilmente viene discusso dai e con i medici.

 
 
 

NELLO SPECIFICO, COME VENGONO UTILIZZATI I CONTRIBUTI DELLE ASSOCIAZIONI?

I contributi delle Associazioni sono molto importanti per coinvolgere attraverso borse di studio nuovi collaboratori. Non solo i tanti ricercatori di base confinati nei laboratori, ma anche coloro che  vedono “sul campo” i risultati delle ricerche, valutando direttamente il beneficio del paziente. Con i contributi delle Associazioni si può coprire la ricerca clinica. E’ fondamentale che  ciascun progetto di ricerca parta da un’esigenza clinica reale, e per questo puntiamo a consolidare un gruppo di ricerca cosiddetto “traslazionale”, cioè che vada dal laboratorio al paziente.

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QUANTO È IMPORTANTE L’EMPATIA DEL MEDICO NEL PERCORSO TERAPEUTICO DEL PAZIENTE? SI DEVONO PORRE DEI LIMITI AL COINVOLGIMENTO EMOTIVO?

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Il medico oncologo  dovrebbe tenere a mente che la croce più grande la porta il paziente, e che mentre la scelta del  medico di vivere nel mondo oncologico è stata una scelta volontaria, quella del paziente purtroppo no. Si dice che fare il medico sia una missione più che un lavoro, per certi versi è vero nel senso che l’obiettivo prioritario è il bene del paziente, e per ottenere ciò in oncologia occorre fare qualcosa di più del puro lavoro tecnico di conoscere le malattie e le terapie. Occorre cercare di conoscere anche il paziente, il nucleao familiare, il modus vivendi prima e durante la malattia, le aspettative, gli obiettivi, le paure, la sofferenza. Ecco, questo richiede un po’ di più del bagaglio nozionistico che si apprende nel corso degli studi, specialmente nel campo della oncologia medica, che punta a far vivere più a lungo e meglio il paziente con tumori spesso non guaribili.

E’ ovvio quindi che il medico oncologo debba avere una interazione empatica col paziente ed i suoi familiari, ma nello stesso tempo debba tenersi  lucido ed oggettivo in un constesto che facilmente porta a sfociare nel marasma emotivo. In sostanza è importante trasmettere al paziente la sensazione che qualcuno si occupa di lui senza limiti temporali e che ci sarà sempre qualcosa da fare, comunque vadano le cose, la frase terribile che angoscia alcune persone, “non c’è più nulla da fare”, non esiste in Oncologia per la cura della persona.

 
 

QUAL È IL RUOLO DELLA MEDICINA NARRATIVA?

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L’obiettivo per un medico oncologo che ha in cura un paziente con un tumore neuroendocrino metastatico non guaribile è far vivere più a lungo e meglio quel paziente . E’ dunque chiaro che il “vissuto quotidiano” del paziente diventa il risultato della cura. La qualità della vita durante la malattia e le terapie può dipendere da molti fattori, alcuni sicuramente legati al tumore stesso ed alle terapie, ma altri relativi alla soggettività del vivere la propria situazione. E di questo aspetto i medici spesso conoscono poco, anche perché ascoltano poco i pazienti.
Negli ultimi anni si è andata sempre più diffondendo  la cosiddetta Medicina Narrativa, che rappresenta un modo per permettere al paziente di esprimersi liberamente, senza vincoli di sorta, raccontando tutti gli aspetti della sua malattia, intesa in senso lato.
La medicina Narrativa può aiutare il medico e gli altri operatori sanitari a capire di più e meglio il paziente e l’impatto che su di esso hanno le varie cure apportate. La medicina narrativa può aiutare il medico oncologo a capire meglio il vissuto quotidiano del paziente e quindi a registrare il suo modo di curarlo .

La dott.ssa Francesca Spada ha seguito insieme al dott. Fazio l’intero percorso terapeutico di Cristiana Soccorsi, e prima di congedarci ci mostra il tatuaggio con i 3 puntini di sospensione che si è fatta imprimere sul polso per essere in linea col messaggio di Cristiana. L’ennesima conferma, per noi di Da Zero a Dieci, che la nostra battaglia contro il tumore neuroendocrino può e deve andare avanti perchè

“LA VITA DEVE ANDARE AVANTI QUALSIASI COSA ACCADA” (CIT. C.S.).

 
 
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